Sahaja (Sanscrito: सहज sahaja) significa, nella spiritualità buddista indiana e tibetana, illuminazione spontanea. Le prime pratiche Sahaja sono sorte in Bengala durante l'VIII secolo tra yogi buddisti chiamati Sahajiya Siddha.
Ananda Coomaraswamy descrive il suo significato come "l'ultima conquista di tutto il pensiero", e "un riconoscimento dell'identità di spirito e materia, soggetto e oggetto", continuando "Non c'è quindi sacro o profano, spirituale o sensuale, ma tutto ciò che vive è puro e vuoto".[1]
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